Giuseppe Galano

Il periodo natalizio sulla nostra isola è fin da sempre caratterizzato da un ricco programma di eventi suggestivi e di grande fascino. Tanti gli appuntamenti per il Natale 2017 tra i quali il Presepe Vivente allestito in località Campagnano il 29 dicembre, giunto alla sua XV edizione dopo le belle ed entusiasmanti esperienze degli scorsi anni. Potremmo definire questa rappresentazione, dai caratteri molto sobri, come una vera e propria opera d’arte con figuranti in costume e scene che richiamano le arti, i mestieri, la vita domestica e sociale e le tradizioni del passato. Per una serata ci è sembrato di ritrovarci indietro nel tempo, con persone vestite con bellissimi e raffinati costumi d’epoca, ricamati rigorosamente a mano, che hanno raccontato scene di vita quotidiana appartenenti al passato. Artigianato, enogastronomia e spettacolo per un’atmosfera speciale. A partire dalle ore 16 la ridente collina ischitana con vista mozzafiato sul Golfo di Napoli, che ben si presta a questo tipo di rappresentazione, ha accolto oltre 200 persone tra protagonisti e semplici comparse che, con amore e passione, hanno dato vita ad uno spettacolo travolgente e ricco di fascino. Migliaia di persone, tra cui tanti turisti, si sono recati nel borgo fin dal primo pomeriggio desiderosi di non perdersi per nessuna ragione al mondo questo evento. Le tante scene allestite hanno permesso di rivivere le tradizioni del presepe attraverso la rappresentazione di vita delle tradizioni contadine delle passate generazioni. Tutto intorno alla piazzetta si potevano ammirare i laboratori di artigiani e le rappresentazioni di antichi mestieri tipici del luogo. Tra un buon bicchiere di vino locale e qualche assaggio delle prelibatezze culinarie tipiche della cucina ischitana i visitatori sono stati condotti in un itinerario ricco di suggestioni alla riscoperta del tradizionale presepe napoletano dell’800.

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Di Gina Menegazzi

29 dicembre: come ormai avviene da quindici anni, si rinnova la bellissima tradizione del Presepe Vivente di Campagnano, e come ogni anno è bello lasciarsi prendere dalla sua magia, un po’ spettatori, un po’ attori che con gioia infantile si avvicinano alla Grotta, sentendo decisamente fuori luogo i propri abiti moderni.  Si pensa a San Francesco e al suo presepe di Greccio, ma ancor di più ci si tuffa in una civiltà contadina che è dietro l’angolo, che ancora esisteva così non molti anni fa. E questo Presepe è una forma di rispetto nei suoi confronti, per la sua meticolosa ricostruzione di ambienti, mestieri e usi, compresi i guappi riuniti attorno a un tavolo nel cortile di una casa, o gli anziani, in una vecchia cantina a bere vino e a giocare a carte.

Per questo, in questo omaggio ad un tempo che moltissimi hanno conosciuto e qui riconoscono perché riguarda la loro infanzia, l’unica nota stonata erano, secondo me, le canzoni natalizie registrate trasmesse presso la Grotta: vi sono arrivata dietro ai Re Magi, accompagnati dal suono delle cornamuse, e l’improvviso esplodere di “Jingle bell” è stato uno sgradevole ripiombare in un presente, fatto di musiche e atmosfere falsamente festose, e uscire dalla magia, dalla sospensione temporale in cui le varie antiche botteghe lungo la strada mi avevano fatto entrare.  Il Presepe Vivente di Campagnano non è una ricostruzione storica della nascita del Redentore: a parte la Madonna e San Giuseppe, nessuno era vestito come ai tempi di Gesù. E non è in fondo nemmeno il rutilante e tradizionale presepe delle statuine napoletane. E’ una meraviglia atemporale, in cui nessuno finge, ma riprende quello che sa fare: il fabbro forgia davvero le spirali in ferro battuto, le ricamatrici completano veramente il loro ricamo, l’impagliatrice, la cardatrice, chi intreccia cesti di paglia o chi batte il rame, lo fa chiacchierando con gli amici, come avveniva una volta, quando il lavoro, molto più faticoso di adesso, era comunque spesso un evento conviviale, che accoglieva con piacere la presenza degli altri.

E così quel Bambinello nella grotta in fondo al Presepe – un bimbetto tutto infagottato in abiti moderni, con un berretto troppo grande che gli scendeva sugli occhi, e che lui cercava inutilmente di togliersi (che tenerezza in quel gesto! Pensavo al vero Gesù, duemila e passa anni fa, e ai suoi gesti d’insofferenza che avrà senz‘altro avuto per un panno di troppo addosso) – quel bambino, dicevo, unendo intorno a sé in tal modo tante persone nei loro gesti quotidiani, ricrea davvero l’atmosfera della normalità in un evento così straordinario e fa davvero sentire che Gesù “è venuto ad abitare in mezzo a noi”.