5 marzo 2016
Carissimi fratelli e sorelle,
cade anche quest’anno nel cuore della Quaresima, tempo di riscoperta del dono del nostro Battesimo e di rinnovamento nello Spirito, la solennità di San Giovan Giuseppe della Croce.
Per la nostra Chiesa è questo un appuntamento importante nel quale siamo chiamati a benedire il Signore per quanto ha operato in questo figlio dell’Isola d’Ischia e nostro patrono, ma anche un’opportunità tutta speciale per guardare, a partire da lui, alla nostra vita, ognuno per il proprio conto e domandarci: e io? E noi? E la nostra Chiesa? Sì, perché anche noi possiamo e dobbiamo aspirare a diventare santi!
Lo sappiamo bene: la santità è per tutti! Il Battesimo ci è stato dato per questo! Ce lo ha ridetto in maniera chiara il Concilio nel cap. V della Lumen Gentium; lo ha ribadito in maniera forte San Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte (30-31).
Sei prete, sei vescovo, sei frate, religiosa, religioso? Che senso ha aver risposto alla chiamata di Dio, se non per diventare santo? Sei un fedele laico, impegnato nelle varie condizioni della vita familiare e sociale, chiamato a contribuire alla santificazione del mondo portando al suo interno come lievito il seme del vangelo? A che serve aver accolto il dono del Battesimo se non vuoi diventare santo? Sempre San Giovanni Paolo II dice: «Chiedere a un catecumeno: “Vuoi ricevere il Battesimo?” significa al tempo stesso chiedergli: “Vuoi diventare santo?”» (NMI 31).
Sapere, perciò, che uno di noi, nato a pochi passi da questo santuario a Lui dedicato, un figlio di questa terra, di questa Isola, sia entrato nel novero dei santi, sapere di un ischitano santo, non può non emozionarci e riaccendere anche in noi il desiderio della santità!
Perciò, mettendo da parte lo scoraggiamento e la sfiducia che potrebbero portarci a ritenere che la santità non sia a noi accessibile, non sia per noi, e che, pertanto, non valga la pena neppure provarci, aspirare ad essa, con il quale con il grande Agostino anche noi sentiamo di poter dire: «Si isti et illi, cur non ego?» (Le Confessioni 8, 11).
Sì, è «impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio», ci dice oggi Gesù nel vangelo. L’Anno Giubilare che stiamo vivendo ci è dato per questo! Per aiutarci nel nostro cammino di santità. Lasciamoci perciò in modo particolare in questo Giubileo – ci dice il papa – “sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita” (MV 25).
All’illustre figlio di San Francesco siamo pertanto invitati a volgere lo sguardo non solo come amico e confidente perché interceda per noi, per la nostra Chiesa e per la nostra Isola ma anche come modello a cui ispirarci per riorientare le nostre scelte a partire dal vangelo.
In una catechesi del mercoledì il papa emerito Benedetto XVI diceva che i santi sono “indicatori di strada”, “vere stelle nel firmamento della storia” (13 aprile 2011).
Con la loro vita essi ci dicono dove dobbiamo andare, qual è la strada che dobbiamo percorrere, quale direzione prendere.
Ci chiediamo in che senso San Giovan Giuseppe della Croce può essere per noi, per la nostra Chiesa, un indicatore stradale? Quali indicazioni per il nostro cammino di cristiani, oggi qui ad Ischia, riceviamo dalla sua testimonianza?
La Parola che abbiamo ascoltato in questa liturgia ci dice bene chi sia stato San Giovan Giuseppe della Croce! Nei testi della Scrittura proclamati possiamo davvero cogliere il vero identikit spirituale dell’insigne ischitano, figlio dei Calosirto.
Parafrasando il brano della prima lettura, potremmo dire anche di lui: quand’era ancora giovane, prima di andare errando, cercò assiduamente la sapienza; per essa pregò e sino alla fine la ricercò. Di essa si rallegrò e fin da giovane seguì le sue tracce. Chinò l’orecchio sulla Parola del Vangelo, l’accolse e vi trovò per lui un insegnamento abbondante. In essa fece progresso e la mise in pratica; zelante nel bene, si allenò nel praticarla.
E con Paolo ai Filippesi potremmo aggiungere: “ritenne tutto una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, suo Signore”; “per Lui lasciò perdere ogni cosa, considerando tutto spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e conoscere Lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendosi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti”.
Ma è sulla pagina del Vangelo di Marco che vorrei soffermarmi con voi per cogliere, attraverso il confronto con il nostro santo, almeno qualche indicazione per il nostro cammino di santità sia a livello personale che comunitario. “Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò”… (Mc 10, 17). “Gli corse incontro… gettandosi in ginocchio”: la corsa di questo uomo, che da Matteo sappiamo essere un giovane, non dice tanto la fiducia e il desiderio di uno che vuole incontrare Gesù e ascoltare la sua Parola, ma indica prima di tutto la scontentezza, la preoccupazione, l’inquietudine che pervadono il cuore di chi, ansimante, va da Gesù! Quell’uomo è perciò l’immagine dell’uomo disorientato, inquieto, stanco, che non sa dove andare, che sente che la vita gli sta scappando di mano e vorrebbe capire, trovare qualcuno che gli indichi la via, gli sveli il segreto, gli riveli il punto di svolta.
Carissimi, quanta gente vive così: confusa, senza orientamento, priva di riferimenti, senza gioia! Quanti, giovani in particolare, vivono una situazione di buio! Anche qui sulla nostra Isola! Cercatori di senso! Che fare della loro vita? A chi ispirarsi? Il vangelo ancora una volta ci presenta la strada quale luogo dell’incontro tra Gesù e il suo interlocutore. La via, dunque, come contesto capace di offrire l’occasione per un annuncio del vangelo! Siamo chiamati come Gesù ad andare per strada per intercettare le domande inespresse di tanti, i bisogni di vita di quanti, giovani ma non solo, chiedono a noi una mano per trovare motivi per vivere e sperare. D’altronde la parabola del Samaritano propostaci dal papa in questo Giubileo, si colloca proprio in un contesto di cammino: anche lì si parla di una strada, quella da Gerusalemme a Gerico!
San Giovan Giuseppe della Croce, da vero frate minore, con zelo sviluppò nella sua vita la dimensione apostolica, vivendo una forte sensibilità missionaria, che seppe esprimere in una grande capacità di ascolto e di accompagnamento spirituale. Fu un vero missionario della Misericordia! Mi piace in questo senso richiamare qui la felice coincidenza di questa solennità liturgica con l’iniziativa “24ore per il Signore”! Interprete autentico di quella che oggi chiamiamo “Chiesa in uscita”, egli seppe ascoltare, accogliere, farsi ponte perché tanti incontrassero, in Gesù di Nazareth, il volto misericordioso del Padre!
«La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. (…) La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr. 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. (…) Come conseguenza, la Chiesa sa “coinvolgersi”. (…) La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”». Sono solo alcune espressioni di una tra le pagine più belle dell’Evangelii Gaudium (n°24) nella quale il papa delinea il volto di una Chiesa veramente missionaria!
Carissimi, per realizzare questa Chiesa ci vogliono non uomini speciali, ma semplicemente dei cristiani, veri, come San Giovan Giuseppe della Croce! Non uomini religiosi ma cristiani, non praticanti soltanto ma credenti, non solo battezzati ma convertiti, non operatori del sacro ma discepoli missionari, non uomini perfetti ma peccatori perdonati, capaci di riconoscerci bisognosi di misericordia, che chiedono misericordia e la donano ai fratelli.
Carissimi, più si sta con il Signore è più si sente il bisogno di stare con la gente!
Se Giovan Giuseppe della Croce seppe vivere nella sua vita un amore concreto per la gente fu perché visse un amore grande per il Signore! È l’altro aspetto che mi preme sottolineare!
Se perciò non sentiamo il desiderio di donarci per la gente, di impegnarci per chi non ha speranza – lo dico a me, ai nostri presbiteri, ai consacrati, a tutti voi fratelli e sorelle laici – fermiamoci, interroghiamoci: perché forse qualcosa non va! Forse abbiamo perso le motivazioni che ci hanno fatto decidere di essere cristiani e di spendere, ognuno secondo la propria vocazione, la nostra vita per il Signore.
Forse abbiamo distolto lo sguardo da Gesù; proprio come il giovane ricco! Il quale – dice il vangelo – “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni”.
Non consentiamo che accada così anche per noi! «Il giovane – dice il papa – non si è lasciato conquistare dallo sguardo di amore di Gesù, e così non ha potuto cambiare. Solo accogliendo con umile gratitudine l’amore del Signore ci liberiamo dalla seduzione degli idoli e dalla cecità delle nostre illusioni. Il denaro, il piacere, il successo abbagliano, ma poi deludono: promettono vita, ma procurano morte. Il Signore ci chiede di distaccarci da queste false ricchezze per entrare nella vita vera, la vita piena, autentica, luminosa» (Angelus, 11.10.2015).
Il denaro, il piacere, il successo abbagliano, dice il papa! Come è vero! Anche qui sulla nostra Isola! Forse anche qui abbiamo ceduto alla tentazione del guadagno facile, all’idolo della ricchezza a tutti i costi e non ci siamo accorti che non solo la vita non veniva da queste cose ma che queste cose indurivano il nostro cuore rendendoci incapace di amare! E abbiamo creduto di poter costruire una felicità solo per noi, senza pensare agli altri, anzi a discapito degli altri!
Penso ai lavoratori mal pagati, ai tanti che operano nel settore alberghiero e della ristorazione, ma non solo, costretti a volte a lavorare a nero, assicurati solo in parte, obbligati a turni iniqui di lavoro che non consentono il tempo per un giusto riposo e per l’incontro domenicale con il Signore! Se messa a servizio dei poveri e di tutti la ricchezza e il potere possono generare benessere e solidarietà. «Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte» (Papa Francesco, Udienza del 24.2.2016).
Giovan Giuseppe della Croce non si fece abbagliare dal mito della ricchezza e del potere che mai ha saputo salvare l’uomo dalla tristezza e si fidò di Dio.
Perciò “lasciamo – dicevo nella Messa per l’apertura della Porta Santa in Cattedrale – che il Signore fissi il Suo sguardo su di noi, prima su noi sacerdoti, e permettiamo che tutti sentano il Suo amore! Se non permetteremo che il Signore ci guardi e il suo sguardo ci trasfiguri potrebbe accadere anche a noi ciò che avvenne al giovane ricco: la tristezza potrebbe abitare anche la nostra vita!” (12.12.2015). Permettiamo che il Suo “sguardo pieno di amore che liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro, l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura”, liberi anche noi! (cfr. preghiera per il Giubileo).
Carissimi, nel prossimo mese di novembre, a conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, si terrà ad Ischia una Missione diocesana a cura dell’Ordine dei frati minori di Assisi e della Provincia Umbra. Sulla nostra Isola arriveranno diversi frati, tante religiose appartenenti a famiglie di spiritualità francescana, ma pure diverse coppie e giovani che vivono l’esperienza esaltante dell’annuncio del vangelo! Sarà un’occasione davvero speciale per la nostra Chiesa e per l’Isola tutta per una nuova seminagione del vangelo!
Affido alla Madonna della Libera e a San Giovan Giuseppe della Croce questa Missione diocesana e a tutti chiedo di pregare per essa.
Di che cosa ha bisogno Ischia? Cosa manca a questa Isola? A questa Isola mancano i santi!
Chi di noi vuol farsi avanti? La Vergine di Nazaret, “icona perfetta della Chiesa che evangelizza perché è stata ed è continuamente evangelizzata per opera dello Spirito Santo” – così la definisce il papa nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno – interceda per noi!