«Che cosa ti è successo Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti letterati? Che cosa ti è successo Europa madre di popoli e nazioni?». Francesco scuote l’Europa. La mette davanti allo specchio perché s’interroghi e sappia rivedere i segni della sua stanchezza e della sua vecchiaia, segni di questa rovinosa decadenza che la portano oggi a trincerarsi, a negarsi. La chiama a cancellare quelle rughe che «non appartengono all’anima dell’Europa» affinchè «le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità». E la sollecita come figlio a ritrovare se stessa, ad attingere dalle propria memoria, dalle più profonde riserve culturali «come un figlio che vuole ritrovare «nella madre Europa le sue radici di vita e di fede».
Nel suo discorso oggi all’Europa, pronunciato per il ricevimento del premio europeo Carlo Magno, il Papa tocca le corde più profonde e il nervo scoperto dello spegnersi dell’unità cooperatrice e creatrice nella meschina grettezza dei «paradigmi unilateali», dei «riduzionismi», del «proprio utile», chiamando in causa la vocazione genetica dell’Europa alla solidarietà e all’apertura. Non un astratto idealismo ma un affronto coraggioso del complesso quadro multipolare dei nostri giorni, accettando con determinazione la sfida di “aggiornare” concretamente l’idea di Europa: «Un’Europa che sia capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare».
La memoria e l’attualità dei fondatori
«Le radici dei nostri popoli, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro – afferma il Papa – l’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale». Francesco invita quindi «a fare memoria», a una «trasfusione di memoria» che «non solo ci permetterà di non commettere gli stessi errori del passato ma ci darà accesso a quelle acquisizioni che hanno aiutato i nostri popoli ad attraversare positivamente gli incroci storici che andavano incontrando». L’anima europea – ricorda è nata dall’incontro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione ed è chiamata a diventare modello di nuove sintesi e di dialogo. Il volto dell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure». Francesco evoca così anche Padri fondatori dell’Europa. Cita Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi che seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra. Che ebbero l’audacia non solo di sognare l’idea unità di Europa, ma osarono trasformare radicalmente i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione e osarono cercare soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diventavano comuni. E con loro è necessario «ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa generosità concreta che seguì il secondo conflitto mondiale, perché – come affermava Schuman – “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata senza sforzi creatori che siano all’altezza dei pericoli che la minacciano”». Per Francesco «i progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri».
Capacità di integrare
L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale. Il volto dell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri – afferma Francesco – ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure. E cita Konrad Adenauer le cui parole risuonano oggi come profezia di futuro: «Il futuro dell’Occidente non è tanto minacciato dalla tensione politica, quanto dal pericolo della massificazione, della uniformità del pensiero e del sentimento; in breve, da tutto il sistema di vita, dalla fuga dalla responsabilità, con l’unica preoccupazione per il proprio io».
Capacità di dialogo
« Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. È urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel promuovere una cultura che privilegi il dialogo come forma di incontro». Il Papa insiste soprattutto sull’insegnamento della cultura del dialogo e dell’incontro: «Armiamo la nostra gente con la cultura del dialogo e dell’incontro. La pace sarà duratura nella misura in cui armiamo i nostri figli con le armi del dialogo, insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro e della negoziazione. In tal modo potremo lasciare loro in eredità una cultura che sappia delineare strategie non di morte ma di vita, non di esclusione ma di integrazione». Ed afferma che dovrebbe essere inserita in tutti i curriculi scolastici «come asse trasversale delle discipline, aiuterà ad inculcare nelle giovani generazioni un modo di risolvere i conflitti diverso da quello a cui li stiamo abituando».
Capacità di generare
«La situazione è tale «da non ammette meri osservatori di lotte altrui. Questa cultura è possibile se tutti partecipiamo alla sua elaborazione e costruzione». Tutti dice il Papa – dal più piccolo al più grande, sono parte attiva nella costruzione di una società integrata e riconciliata. Soprattutto i giovani hanno un ruolo preponderante. «Ma come pretendiamo – chiede Francesco – di riconoscere ad essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sottoccupazione di milioni di giovani europei è in aumento?». Il problema del lavoro richiede la ricerca di «nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma al beneficio della gente e della società». Il Papa ritiene necessario il passaggio da un’economia liquida a un’economia sociale. Per Francesco alla rinascita di «un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità», può e deve contribuire la Chiesa: «Solo una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa e in questo, il cammino dei cristiani verso la piena unità è un grande segno dei tempi.
Il sogno dell’Europa del figlio Francesco
«Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vanaglorie» papa Francesco «come figlio» sogna «un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita». E ricordando quanto aveva detto a Strasburgo, «ci aprirà nuovamente la capacità di sognare quell’umanesimo, di cui l’Europa è stata culla e sorgente» sogna «un nuovo umanesimo europeo, un costante cammino di umanizzazione», cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia». Sogna un’ Europa «in cui essere migrante non sia delitto bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano»: «Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stata la sua ultima utopia».