di Lorenzo Russo – L’isola di Ischia attraverso la sua diocesi accoglie 5 siriani provenienti da Al Hasaka, una delle città siriane più martoriate a causa della guerra civile.
Giovedì 16 giugno è atterrato all’aeroporto romano di Fiumicino l’aereo che ha portato in Italia altri 81 profughi, a grande maggioranza siriani, grazie al progetto dei corridoi umanitari.
Da Ischia alle 6:20 sono partiti i volontari Raffaele Esposito e Massimo Eroico in direzione Roma per poter accogliere e portare sull’isola la famiglia Kababji composta da Adib, Feryal, Yaacoub, Rawaa, Marline: padre, madre e tre figli (due sorelle e un fratello). Una famiglia cattolica che scappa dalle persecuzioni cristiane nella loro terra.
Hanno i volti stanchi, non per il viaggio in aereo che dalla Siria li ha portati in Italia, ma per l’orrore di aver vissuto nella propria città esperienze di guerra, e vedere scene di morte, violenza, persecuzioni ovunque. Se sono qui ad Ischia, e quindi sono ancora vivi, devono sentirsi davvero fortunati. Perché tanti loro parenti e amici non ce l’hanno fatta. E tanti di loro non solo muoiono in Siria, ma anche nel viaggio verso una terra più fortunata e sicura.
La diocesi di Ischia non può permettersi di stare lì a guardare. Non vuole farlo. Ed è per questo che il vescovo Pietro ha fortemente voluto che diventasse Chiesa che accoglie, la Chiesa in uscita del Papa, la Chiesa che non ha orari di apertura e chiusura o preferenze di persone. Lagnese ha sempre sottolineato la cultura dell’accoglienza, dell’amore e attenzione soprattutto verso chi è in difficoltà. Il centro accoglienza Caritas di Forio GPII ne è punto di riferimento per tutti, a tal senso.
I nuovi arrivati a Fiumicino si aggiungeranno ai 200 già giunti in Italia dal febbraio scorso grazie ad un accordo tra il ministero degli Esteri, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) e Tavola Valdese.
Gli organizzatori sottolineano che ormai non è più un esperimento, ma una realtà concreta che consente a persone in fuga dalla guerra e in condizioni di vulnerabilità (vittime di persecuzioni, famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, persone con disabilità) di arrivare, in tutta sicurezza e soprattutto legalmente, in Italia senza rischiare la propria vita nel Mediterraneo o nel deserto africano.
Il progetto prevede l’arrivo in Italia di un migliaio di persone in due anni, non solo dal Libano, ma anche dal Marocco e dall’Etiopia.
Si tratta di un modello replicabile di accoglienza e integrazione, tanto che ormai si sta studiano la sua realizzazione anche in altri Paesi europei. Come chi li ha preceduti, anche i profughi che sono arrivati giovedì a Roma appartengono alle categorie più vulnerabili tra coloro che sono stati travolti dalla guerra civile.
Ad Ischia la Caritas diocesana, coinvolgendo le famiglie del gruppo affido della pastorale familiare e le due comunità parrocchiali del Buon Pastore e di Ischia Ponte, sta seguendo in prima fila la gestione della famiglia siriana.
Essi andranno ad abitare nell’appartamento diocesano dietro la chiesa del buon Pastore ad Ischia. La casa è in perfette condizioni e ripulito dai volontari e dalle tante famiglie che si sono adoperate per capire cosa serviva per l’accoglienza e soprattutto l’integrazione.
La fitta rete di volontari, provvederà ad un corso per insegnare loro l’italiano (parlano arabo e inglese) e cercare quantomeno di dare un futuro certo e sicuro a questa famiglia.
Da oggi si attiveranno tutti i percorsi necessari per garantire loro un inserimento nelle comunità locali. La diocesi di Ischia, ancora una volta vuole essere esempio concreto di Chiesa che sa Ascoltare, Accogliere, Amare.
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La notizia ha trovato eco anche sulla stampa nazionale:
La Repubblica