Le nuove sfide pastorali della chiesa di Ischia in uscita, per seguire Papa Francesco nelle periferie dell’umanità
Kaire n. 41 dell’11/10/14
Dalla Redazione – Dal 16 al 18 ottobre ci sarà l’ottavo convegno diocesano della Chiesa di Ischia. Un importante evento per poter riflettere sui futuri passi della chiesa locale alla luce dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Abbiamo rivolto qualche domanda a don Pasquale Trani, coordinatore del convegno e responsabile regionale della pastorale della famiglia, per approfondire il tema legato al convegno.
Quali sono gli obiettivi del convegno diocesano?
Il titolo ne da alcune indicazioni; porre la chiesa d’Ischia in atteggiamento di “uscita” verso le periferie dell’esistenza umana così come ci dice Papa Francesco.
Cosa s’intende per Chiesa d’Ischia in “uscita”
Avere uno sguardo “estroverso” e lasciare leziose abitudini pastorali e atteggiamenti statici per guardare fuori dalla porta della nostra chiesa, non più in attesa di fedeli ormai sempre più distratti dallo spirito del mondo, ma andando incontro ad essi con umiltà e nella verità. Come ci ricorda il Papa: “Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento missionario c’è una forma di predicazione che compete a tutti come impegno quotidiano: si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti, nella predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione” (Cit. Evangelii Gaudium n° 172)
Quali sono gli atteggiamenti giusti per mettersi in “uscita” ed annunciare il Vangelo?
Almeno 3 atteggiamenti.
Umiltà: è lo Spirito del Signore che fa nuove tutte le cose, non noi! Ma ciò non toglie che siamo chiamati, a partire da questa consapevolezza, ad essere fedeli collaboratori Suoi. “In questa predicazione sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l’altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le sue preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo è possibile presentare la Parola…a volte in maniera più diretta, altre volte attraverso una testimonianza personale”. (Cit Evangelii Gaudium n°128)
Fede: se siamo consapevoli del primato di Dio che conduce la storia verso un fine d’amore e salvezza per tutti, attraverso strade a volte tortuose e incomprensibili agli uomini, non ci perderemo d’animo nel fare ciò che ci viene chiesto nel nostro tempo.
Passione per l’annuncio del Regno: Papa Francesco ci chiama ad essere testimoni gioiosi della presenza del Risorto nella nostra storia e innanzitutto nella Chiesa.
Cosa possono fare i fedeli laici per andare in “uscita” verso l’altro?
Recuperare il senso di umanità. Spesso la troppa preparazione intellettuale, sganciata da una vita coerente ai valori evangelici, non ha aiutato ad andare verso l’altro. “La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri a questa ‘arte dell’accompagnamento’ perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro” (Cit Ev.Gaudium n°169)
Meditare la categoria dell’“attenzione”, tanto cara alla filosofa ebrea Edith Stein, potrà aiutarci a renderci conto del valore intrinseco di ogni persona e del suo mondo, dove far arrivare la vicinanza del Signore. E pregare. “Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito…abbiamo bisogno di esercitarsi nell’arte di ascoltare che è più che sentire”. (Cit Ev.Gaudium n° 171)
Meditare la Parola, base sicura di ogni agire, come spesso ci richiama Papa Francesco. Senza di Essa rischieremmo di restare nelle mode del tempo e prigionieri di filosofie.
L’Evangelii Gaudium chiede ai sacerdoti di mettersi in discussione come Chiesa. In che senso?
Dobbiamo anche noi presbiteri avere il coraggio di lasciare pratiche religiose ormai infruttuose ed obsolete e studiare insieme ai laici, nuove forme di evangelizzazione. Il convegno in questo senso sarà una grande scuola.
La Chiesa isolana è legata da tradizioni antichissime. Come possiamo coniugare la storia del passato con il “nuovo” che ci chiede il Papa?
E’ una domanda che si fa ogni Chiesa locale del vecchio Continente, dove la fede sembra essere in crisi, almeno in termini di partecipazione. Ma proprio questa crisi di fede deve spingerci a prendere il largo anche nel senso di nuove vie per far arrivare il vangelo ad ogni uomo. Bisogna in ogni caso distinguere tra Tradizione e tradizioni. La Tradizione ci richiama la grande lezione biblica e l’insegnamento dei Padri della Chiesa, nonché il Magistero. Le tradizioni sono il tentativo continuo della Chiesa di veicolare i contenuti della fede in forme opportune per ogni tempo e cultura. Non a caso si discute sul come anche oggi sia meglio declinare la fede di sempre in Gesù, nato, morto e risorto, vero uomo e vero Dio, con linguaggi e forme comprensibili ai nostri fratelli di Ischia e a quanti vengono ospiti della nostra isola.
Quali potrebbero essere le nostre difficoltà (come Chiesa isolana) nell’applicare la “nuova evangelizzazione” di Papa Francesco?
La paura di lasciare il certo per l’incerto.
Camminare in ordine sparso lasciando che una certa cultura della frammentazione che pervade l’isola prenda il sopravvento.
Dimenticare che la “nuova evangelizzazione” è innanzitutto opera dello Spirito. “Se consentiamo ai dubbi e ai timori di soffocare qualsiasi audacia, può accadere che, al posto di essere creativi, semplicemente noi restiamo comodi senza provocare nessun avanzamento e in tal caso, non saremmo partecipi di processi storici con la nostra cooperazione ma semplicemente spettatori di una sterile stagnazione della chiesa” (Cit. Ev.Gaudium n°129)
Diamo un ultimo messaggio ai fratelli sacerdoti e agli ischitani che parteciperanno al convegno. Cosa dovranno aspettarsi?
Capovolgerei la domanda: cosa vorranno portare di loro stessi, delle loro esperienze umane, pastorali, del loro vissuto ecclesiale? Mi sembra che anche per noi valgano gli atteggiamenti richiamati da papa Francesco all’inizio del sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia: franchezza e sincerità coniugate a vero spirito di accoglienza senza pregiudizi. Il convegno potrà essere tale – camminare insieme- se saremo tutti in atteggiamento di reale ascolto reciproco e condivisione d’intenti per realizzare il sogno del Concilio: la Chiesa famiglia! Solo questo volto della Chiesa potrà attrarre i tanti che non tornano più a casa!