Sabato 18 ottobre, nell’ultima giornata di lavori dell’VIII Convegno Diocesano c’è stato l’intervento di Mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo di Campobasso – Bojano e presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali, lavoro, giustizia e pace.
Tanti gli spunti interessanti e tanti anche gli esempi concreti di vita che l’Arcivescovo di Campobasso ci ha lasciato per poter essere davvero una Chiesa rinnovata dal soffio dello Spirito: “La Chiesa è madre di tenerezza e maestra di chiarezza, che non significa nostalgie. Abbiamo bisogno che la Chiesa oggi sia materna, tenera, capace di ascoltare molto, ma anche maestra di chiarezza che sa illuminare, incitare indirizzare”.
Mons. Bregantini ci ha provocato parlandoci del brano del Vangelo di Luca (cap 7, 36-50) in cui Gesù viene invitato a pranzo da Simone il fariseo: “Un giorno Gesù fu invitato a casa di un fariseo, Simone. Tutto va bene fin quando entra una prostituta e questo scompagina il convito dove tutto sembrava a posto perché questa donna ha atteggiamenti eccessivi: bacia i piedi e profuma il capo al Maestro. Davanti a questo ecco le due immagini: l’immagine di Simone e l’immagine di questa donna. Come oggi: da una parte la Chiesa che giudica dall’altra quella che accompagna con tenerezza. Simone è comodo, autoreferenziale, calcolatore, esprime un giudizio cattivo: “Se lui fosse un profeta sarebbe chi fosse questa donna!”. Bravo fariseo ma ama poco, perfetto giansenista. Qual è invece il punto nodale? Che è’ vero che è una donna peccatrice ma è una donna perdonata perché ha molto amato. La Chiesa in uscita è una donna che riconosce che l’amore di Dio è eccedente e l’ha superata. Tutto per noi parte da questa consapevolezza. Luca coglie che l’Amore misericordioso di Gesù inchioda l’occhio freddo di Simone e guarda con uno sguardo diverso quella donna che per noi rappresenta le periferie di oggi. Siamo una Chiesa stile giansenista, stile Simone o una Chiesa capace di donare concretamente quello che in eccedenza ha ricevuto?”
Poi l’esempio di Maria, donna in uscita, che dopo l’annunciazione si mette in fretta in cammino verso sua cugina Elisabetta: “5 sono i verbi di una Chiesa in uscita che ci insegna Maria: si alzò, salutò, sussultò, esclamò, cantò. E’ molto più difficile uscire da sé stessi che uscire per andare verso gli altri, perciò l’obbedienza è la verifica di una Chiesa e di un cuore in uscita perché tu nell’obbedienza rinunci a te stesso, ai tuoi piani, ai tuoi schemi per i piani di Dio”.
Infine alcuni riferimenti concreti per uno stile di Chiesa aperta al grido degli ultimi:
“Non basta organizzare, ma sono gli ambienti dove il Vangelo fa fatica a crescere. Dobbiamo essere come Maria: metterci in viaggio, raccogliendo le voci dei poveri e dei lontani. In una Parrocchia il consiglio pastorale per esempio non sia solo organizzativo ma ascolti il grido del quartiere e del paese. A formare il consiglio pastorale devono essere delle persone con un cuore grande, persone che stringano amicizia, che creino alleanze, che sanno parlare e non lascino solo il Parroco davanti a certi problemi, ma facciano corona e contemporaneamente non facciano schermo, perché delle volte a far fatica a parlare ai lontani sono i troppo vicini al Parroco! Il Consiglio pastorale deve essere solidale col Parroco, ma mai sentirsi i privilegiati! Vivete la che fede che si insegna in casa, si celebra in Chiesa, si vive in piazza. Rispettate anche la Domenica. Vivetela e trascorretela con i vostri figli, gustando la gratuità. Passate del tempo con loro. Il creato sappiate custodirlo, Per voi è il linguaggio di Dio. C’è il linguaggio di chi dice: io lo utilizzo; e chi dice: io lo amo e lo servo. Noi dobbiamo guardare il creato non come amanti ma come sposi. L’amante prende, sfrutta e lascia. Lo sposo custodisce e ama sempre, fino in fondo!”
di Francesco Schiano sul Kaire n. 43 del 25.10.2014