Due nostri seminaristi, Antonio Mazzella e Marco Trani, hanno vissuto gli esercizi spirituali dal 28 ottobre al 2 novembre
Intervista di Lorenzo Russo
A cosa servono questi momenti per la formazione di un seminarista?
Antonio – Partendo dal fatto che gli esercizi spirituali o un tempo di ritiro ogni anno siano un punto fondamentale nella vita di ogni cristiano per tirare le somme sul proprio cammino di fede, lo è a maggior ragione per chi si prepara al sacerdozio.
Marco – Chi si prepara per il presbiterato, nel dono totale della propria a vita a Dio e ai fratelli, non può far a meno di curare l’intimo rapporto col Signore ogni giorno. In questa dimensione si collocano gli esercizi spirituali che non sono una “quantità di tempo” ma un cammino di conversione del cuore, dove il seminarista è chiamato a rivedere la propria storia con Dio che lo richiama ad una radicalità di vita sempre più evangelica.
Chi eravate e dove si è svolto il ritiro?
Abbiamo partecipato con la nostra comunità di appartenenza in seminario, siamo una ventina provenienti da 12 diocesi dell’Italia Meridionale. Il luogo scelto dall’équipe del seminario è stato l’Eremo del SS. Salvatore ai Camaldoli, zona dal panorama incantevole che prende in un grande abbraccio tutto il golfo di Napoli e dove abbiamo potuto sperimentare la bellissima accoglienza delle Suore di S. Brigida.
Antonio, qual è stato il tema e chi vi ha guidato?
Gli spunti dettati dal predicatore, padre Carlo Chiappini sj, hanno avuto come riferimento la Preghiera del Padre Nostro che il Signore Gesù consegnò agli Apostoli alla richiesta “Signore insegnaci a pregare” (Lc 11,1). P. Carlo e P. Nicola Bordogna sj sono state anche le nostre guide con le quali abbiamo verificato la preghiera quotidiana.
Marco, cosa hai vissuto in questi giorni?
Bella domanda! Pensa alla preghiera come all’incontro con un amico che forse non vedi da tempo, avrai tanto da raccontargli e così anche lui, ci saranno dei silenzi ma sai che valgono più di tante parole. Se poi immagini che quest’amico è il Signore, man mano inizi a lasciarti condurre e non a decidere più di testa tua, impari questo “lavoro a due”, così lo scegli come partner della tua vita e quando capisci che devi puntare alla santità ma vedi anche tutta la debolezza della tua umanità, sentirai sussurrarti all’orecchio: “Non aver paura: Io-con-te!”. Questi giorni sono stati un tempo di tenerezza dell’Amore!
Perché è utile “staccarsi” completamente con il mondo intero, lasciando a casa cellulare e pc?
Antonio – Seguendo i suggerimenti della spiritualità ignaziana nei quali è utile tenere un clima di silenzio, la scelta di “isolarsi” dalla quotidianità aiuta ad un raggiungimento profondo di raccoglimento nel quale si può sperimentare la presenza e la bellezza di Dio.
Marco – In una società dove è diventato quasi un obbligo essere perennemente online e dove la voce di Dio e della propria coscienza è disturbata da tante interferenze, il silenzio è quello strumento che amplifica quelle voci che normalmente non ascoltiamo. Staccare tutto per gli esercizi l’ho sempre vissuto come “una fuga d’amore”, dove la follia dell’innamorato non sta a preoccuparsi di Facebook o WhatsApp ma è solo interessato a vivere un tempo con l’Amato.
Antonio, a conclusione del ritiro cosa ti porti a casa?
Molte conferme e una marcia in più per continuare quest’anno di formazione e discernimento.
Marco, proporresti gli esercizi a un tuo amico?
Certo! Gli direi di lasciarsi sedurre dal Signore e di non misurare i doni che la generosità di Dio ha pensato per lui. Poi subito lo inviterei agli esercizi spirituali per i giovani organizzati dalla nostra diocesi dal 2 al 5 gennaio 2015!