Mercoledì 17 febbraio, mercoledì delle Ceneri, S.E. Mons. Lagnese, Amministratore Apostolico della diocesi di Ischia, non potendo essere presente in Cattedrale durante la santa Messa, ha voluto comunque far avere alla Chiesa che è in Ischia un suo messaggio. Ecco il testo.
Carissimi,
non sono in mezzo a voi perché, in questo stesso momento, sono nella Chiesa Cattedrale di Caserta a celebrare con i presbiteri e il Popolo di Dio la Messa di inizio Quaresima.
Ho ritenuto cosa buona fare anche a Caserta ciò che ogni anno ho fatto con voi, ogni mercoledì delle ceneri. È un regalo, questo, di San Giovan Giuseppe della Croce; è un regalo che fece a me e a voi nel giorno della sua festa liturgica che, nel primo anno di mia presenza tra voi, cadde proprio nel giorno di inizio della Quaresima. Ci aiuti lui, il Santo della Croce, ad entrare pienamente in questo tempo.
Nell’immaginario comune, la Quaresima è prima di tutto un tempo di penitenza; un tempo di mestizia, quasi di lutto, di digiuno e di mortificazioni. E, invece, è innanzitutto un tempo di grazia, un tempo bellissimo! Un dono che Dio ci fa.
Sì, Dio ancora ci fa dono di una Quaresima! Un’altra Quaresima incomincia. Un’altra Quaresima, con le sue liturgie, i suoi impegni, i suoi riti: ancora un’altra!
Anche se, in verità, la Quaresima pare che non sia mai finita, da quando lo scorso anno siamo entrati nel vivo della pandemia, entriamo oggi in questo tempo tutto particolare per la Chiesa.
Ma a cosa serve la Quaresima? Ce lo dice oggi il Signore attraverso la Parola che ci è stata rivolta in questa liturgia. Di essa vorrei provare a sottolineare con voi tre espressioni.
La prima è “Ritornate a me con tutto il cuore”. Ce lo dice il Signore, all’inizio del nostro itinerario, attraverso il profeta Gioele (2, 12). Ritornate a me! Mi colpisce sempre che sia esattamente questa la prima parola che ascoltiamo nella Messa delle Ceneri, all’inizio del cammino quaresimale.
“Come una ouverture in un’opera sinfonica, – questo scrivevo a tutti voi all’inizio della mia prima Quaresima ad Ischia – così questa parola appare come un vero preludio nel quale possiamo cogliere tutto il senso dell’itinerario quaresimale, che è, essenzialmente, questo: un invito a ritornare a Lui. Che cos’è il peccato se non esperienza di esilio, di allontanamento da Dio, di tradimento? Se il peccato, come ci dicono i profeti, è sempre esperienza di adulterio, la Quaresima è, propriamente, il tempo per ritornare: ritornare all’amore, ritornare alla sorgente, ritornare a casa”.
La Quaresima è dunque un tempo che ci è dato per la nostra conversione. La conversione, infatti, non è un evento avvenuto una volta per tutte, ma un’esperienza che si deve rinnovare nei diversi momenti dell’esistenza, nelle diverse età, e ogni giorno; soprattutto quando il passare del tempo può portarci alla stanchezza, a vivere una vita mondana, a smarrire il senso e il fine della nostra vocazione, e a vederci, tante volte, ridotti a vivere la nostra fede nella schizofrenia.
La seconda parola è: “in nostro favore”.
“Vi supplichiamo in nome di Cristo: – scrive l’Apostolo Paolo ai Corinzi – lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”.
Nel nostro cammino di conversione Dio non ci lascia soli; né si limita a guardare ciò che noi facciamo, pronto semmai a punirci per i nostri cedimenti. Sta invece dalla nostra parte: Dio fa il tifo per noi! Il Signore agisce in nostro favore. Il Signore è nostro alleato, non nostro nemico: è bene ribadirlo in questo tempo visitato dalla pandemia! Anzi, combatte per noi. È venuto, infatti, per stare al nostro fianco, non per condannarci. E per noi ha fatto una cosa inaudita: ha dato il suo Figlio; lo ha trattato come “peccato”. E lo ha fatto per noi: per me, per voi, “in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”. Dunque, fidiamoci, ce la possiamo fare! Come fare?
La strada ci è indicata nella terza parola. È la parola “Padre”: una parola che ricorre, nel breve brano del vangelo, ben sei volte.
Siamo chiamati a rimetterci davanti a Lui; a stare da figli dinanzi al Padre; vale a dire, a riscoprire il nostro Battesimo, grazie al quale siamo divenuti figli suoi. In fondo la Quaresima è questo: un tempo per riscoprire il nostro essere figli, un tempo per ritornare alla relazione con Dio, nella consapevolezza che solo a partire da una relazione nuova e viva con Lui, potremo ritrovare la gioia di relazioni sincere tra noi e non interessate, non ipocrite, non false; la gioia di vivere da veri fratelli, fratelli con tutti: “state attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”.
Fare le cose per Dio e non per noi, per piacere a Lui e non alla gente, per la gioia di saperci suoi e scoprirci amati da Lui, sempre e così come siamo: è questa la strada per ritornare autentici e ritrovare la verità del nostro essere, e sperimentare che la nostra vocazione è l’amore.
Carissimi, l’orazione “colletta” della Prima Domenica di Quaresima ci presenta il tempo liturgico nel quale stiamo entrando con questa Eucaristia, come «segno sacramentale della nostra conversione». Cosa significa? Significa che a questo tempo è legata una grazia speciale; che cioè questo è un tempo particolarmente fecondo per noi. Non sciupiamolo! Prendiamo sul serio le tre armi per il combattimento che la Chiesa ci consegna in questo giorno.
Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno così ci esorta: “In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’acqua viva della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo”.
Carissimi fratelli presbiteri, viviamo innanzitutto noi, intensamente, questo tempo, sapendo che come Paolo, in maniera tutta speciale, siamo stati scelti, senza alcun nostro merito, per essere collaboratori di Dio, suoi ambasciatori e che, perciò, Dio stesso vuole esortare per mezzo nostro. Non ci accada di parlare agli altri di conversione senza mettervi mano noi per primi seriamente nella nostra vita.
Carissimi, il Signore non rinuncia ad amarci nonostante i nostri innumerevoli tradimenti.
Lui non smette di cercarci, anche se noi ci siamo nascosti da Lui.
Lui sempre ci rincorre, anche se noi da tempo lo abbiamo messo da parte.
Lui si fida di noi, anche se noi abbiamo diffidato di Lui.
Lui non si rassegna a pensarci belli, anche se da tempo noi abbiamo archiviato ogni desiderio di bellezza e… non sogniamo più.
Carissimi, nella Confessione, prima di dare l’assoluzione chiediamo alla gente di fare un atto di dolore. Chiediamo al Signore un sincero pentimento anche noi! Accostiamoci anche noi con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno (cfr Eb 4, 16). Accostiamoci al costato trafitto del Suo Figlio, per prendere vita da Lui e vivere una vita nuova. Non rendiamo vana la croce di Cristo!
Ci accompagni la Discepola e la Madre, la Piena di grazia, la Donna sotto la Croce, la clemente, pia, la dolce Vergine Maria. Amen.