Brindisi 9-12 febbraio 2015. Da Ischia ha partecipato una delegazione insieme ai responsabili diocesani don Marco D’Orio e don Gianfranco Del Neso
Il XIV Convegno Nazionale di pastorale giovanile si è svolto dal 9 al 12 febbraio a Brindisi. Al centro, le pratiche della progettazione educativa. L’incontro è stato rivolto agli incaricati che a livello diocesano e regionale si occupano di pastorale giovanile.
L’obiettivo principale è quello di aprire un CANTIERE di lavoro: c’è desiderio e volontà di avere punti di riferimento e direzioni. Dopo vent’anni di sperimentazioni, è arrivato il tempo di provare a disegnare un percorso possibile a tutti; dove si possa valorizzare la storia e il contesto delle chiese locali e nello stesso tempo si possa fare spazio a una passione condivisa, capace di generare uno STILE e un METODO che abbiano punti in comune.
Invece che affidarci a tematiche sporadiche, pur se “emergenti”, si è fatta la scelta in questi due anni di fare un pezzo di strada che articolasse i passi da fare. Da un certo punto di vista l’occasione è stata duplice. Da una parte è stato un modo per ricordare e verificare i vent’anni di vita del Servizio Nazionale di pastorale giovanile che ha generato la stabilità e strutturazione dei servizi diocesani. Dall’altra è stato un modo per non lasciar passare il decennio che la Chiesa italiana ha voluto dedicare all’educazione senza riscoprirne i fondamenti. Questo giustifica i due grandi poli attorno ai quali si è mosso il percorso: il tema della cura e della dedizione, sempre da tener vivo come la brace che può ravvivare il fuoco. E il tema di questo convegno che affronta anche questioni più “tecniche”. Perché educare richiede competenze che vanno fatte crescere dentro la comunità cristiana. In fondo, non è frequente la domanda: “dove vado a prendere gli educatori”? Il discernimento delle pratiche pastorali che stiamo facendo attraverso il percorso dei convegni, vorrebbe aiutare tutti a riconoscere le risorse presenti nei territori e nelle realtà ecclesiali per farli crescere ogni giorno di più. Anche questa è dedizione all’uomo e – dunque – testimonianza al Vangelo: la sua credibilità non passa da una dimostrazione logica, ma da gesti e parole capaci di svelarne la carità. I relatori che hanno partecipato al convegno sono stati:
S.E. Mons. Paolo Giulietti , dal 2001 al 2007 è responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI. Il 10 agosto 2014 viene ordinato vescovo ausiliare di Perugia. Prof. Raffaele Mantegazza dal 1999 insegna presso l’Università di Milano Bicocca, facoltà di Scienze della Formazione. Ha pubblicato oltre 40 libri e circa 200 articoli su riviste specializzate. Prof. Franco Miano è stato Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana dal 2008 al 2014. Insegna Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Don Paolo Asolan è prete dal 1993. Insegna Teologia pastorale fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense in Roma.
“Il progetto sono le stelle”. Così don Michele Falabretti (responsabile nazionale di P.G.) tira le conclusioni del XIV Convegno nazionale di pastorale giovanile. “Progettare i processi educativi è una questione fondamentale. Altrimenti il rischio è quello di procedere per tentativi e ritrovarsi dove non si vorrebbe o non si sarebbe mai pensato. Il progettare ha a che fare con il mandato. A volte il mandato non è del tutto chiaro. La famosa pastorale organica intelligente e coraggiosa non si è declinata in modo omogenea. I vescovi sono pieni di mille altri pensieri, ma la pastorale giovanile deve percepire la linea pastorale per poi programmare il cammino. Noi abbiamo bisogno come chiesa di imparare a star dentro ai nostri territori, di star dentro alla chiesa da fratelli. In ogni territorio ci sono alcune iniziative che chiamano tutti a incontri “centrali”, spesso con la presenza del Vescovo. Sono momenti belli, ma non sufficienti. Se infatti si vuole sostenere il cammino di adolescenti e giovani, si dovranno strutturare attività diffuse sul territorio. Questo chiede di rivedere (e in qualche modo di “ricontrattare”) il mandato dei servizi o uffici diocesani di pastorale giovanile. In questi giorni abbiamo visto l’importanza delle fasce d’età (e dunque del rispetto dei tempi), delle tecniche e dei linguaggi (e dunque di abilità che vanno coltivate). Organizzarsi non è la mania di chi vuol tenere tutto sotto controllo, ma è la condizione perché la cura possa tradursi in azioni concrete. Lavorare sulla programmazione significa trovare la strada: il metodo è tracciare un percorso che permette di fare dei passi. Di questo convegno – ha detto don Falabretti prima di salutare tutti – noi portiamo a casa il processo, le relazioni, gli sguardi. Ci prendiamo per mano e la fatica la condividiamo con gli altri”.