I nostri due seminaristi, Antonio Mazzella e Marco Trani, questa sera venerdì 1° aprile in Cattedrale saranno ammessi all’ordine sacro. Li abbiamo intervistati in esclusiva per Kaire
Lorenzo Russo
Carissimi Marco e Antonio, siete arrivati ad una tappa importante: l’ammissione tra i candidati all’Ordine Sacro. Cosa vuol dire per voi? E per la Chiesa di Ischia?
Marco: “L’Ammissione tra i candidati all’Ordine Sacro è la tappa più significativa che precede l’Ordinazione diaconale e poi quella presbiterale, a qualcuno che mi chiedeva cosa fosse, scherzavo dicendo: ‘è un fidanzamento in casa’. Nel discernimento non siamo mai solo noi a decidere, ma è sempre necessario il confronto con Dio e con la Chiesa, proprio perché il sacerdozio ministeriale non è un diritto, ma una chiamata a farsi servo che va riconosciuta ed accolta. Per noi significa nuovamente: “Antonio, Marco, state facendo sul serio!”, chi sperimenta un rapporto intenso con Dio sa quando la propria vita si implica con Lui. Il 1° aprile ci sarà chiesto dal nostro vescovo di impegnarci nel portare a termine la formazione che stiamo ricevendo in seminario e nel dedicarci più intensamente nella formazione spirituale”
Come state vivendo questo momento di preparazione?
Antonio: “Personalmente sto cercando di ritagliarmi più spazio per la preghiera personale in modo da vivere bene questo momento che è un piccolo momento in vista poi della fine (fra tre anni) di questo cammino. Sono molto tranquillo e sereno e c’è anche tanta gioia perché la vocazione inizia ad essere riconosciuta pubblicamente”.
Le vostre famiglie e gli amici cosa pensano di questo vostro percorso?
Antonio: “Bisogna innanzitutto spiegare loro che cos’è questo momento, per far capire bene cosa andremo a vivere il primo aprile. Loro sono molto felici e – per le nostre famiglie – anche per loro è un momento di attesa. La celebrazione prevede che noi saremo seduti al fianco dei nostri genitori e verremo chiamati per nome. E’ quasi un venir fuori dalla famiglia di origine per poi entrare nella famiglia universale della Chiesa.
Nonostante il calo di vocazioni nel mondo, ad Ischia invece possiamo affermare che c’è un’inversione di tendenza?
Marco: “Un’inversione di tendenza ad Ischia? Può essere, ora non ho statistiche alla mano, ma in rapporto alla popolazione non siamo messi male, ma possiamo di più! Abbiamo tante belle realtà dalle quali il Signore può suscitare alcune particolari vocazioni: se penso a delle persone realizzate nel disegno di Dio, attraverso la vocazione che Dio ha messo nel loro cuore, non riesco ad estrapolarle dal loro contesto, dalla loro comunità di origine. Se le nostre parrocchie sono animate da tanti che danno la vita vivendo il Vangelo, le nostre comunità “profumeranno” della Sua presenza, allora sarà questa ad affascinare e chiamare dei giovani al dono totale di sé; se invece le nostre parrocchie sono il terreno da gioco dell’incontro di tanti egoismi, allora queste “puzzeranno” di morte e non attireranno nessuno a dar la vita per un cimitero. Le vocazioni non nascono come i funghi, allora se vogliamo una reale “inversione di tendenza”, come la chiami tu, dobbiamo rimboccarci un altro po’ le mani e lavorare con il Vangelo”.
Se un giovane sente la ‘chiamata’ al sacerdozio, che consiglio gli date affinché riesca ad approfondire questa vocazione e capire quindi se davvero Dio lo chiama a questa strada?
Antonio: “Il primo consiglio che darei è la preghiera e il confronto quotidiano col Signore. Poi di non nascondere questi segni di vocazione. Non bisogna vergognarsi, ma farsi aiutare da un padre spirituale, dal parroco che possa accompagnarti in questi primi passi, in modo che il padre spirituale lo possa comunicare al vescovo che è il primo responsabile delle vocazioni sacerdotali. Da qui, quindi inizia un percorso propedeutico, un primo discernimento, una prima prova dove, con l’aiuto dei formatori ci si mette alla prova per capire bene se è davvero la volontà di Dio”.