La visita del Cardinale Crescenzio Sepe sull’Isola di Ischia
di Gina Menegazzi
“Anche noi vi siamo vicini, per quel poco che possiamo fare: per domenica ho indetto in tutta la Diocesi una raccolta di fondi. Non sarà questa la soluzione, ma è un piccolo gesto per dimostrare la solidarietà della nostra Chiesa”.
Con queste parole il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, ha salutato il nostro Vescovo e tutte le autorità che erano venute ad accoglierlo all’aliscafo mercoledì scorso. Sempre in contatto con il Centro della Protezione Civile a Napoli, Sua Eminenza aveva voluto rispondere all’invito di Monsignor Lagnese che gli aveva chiesto di poter ringraziare, attraverso di lui, tutta la Chiesa di Napoli, e in particolare la Caritas partenopea che sta affiancando e accompagnando la nostra Diocesi nell’opera di primo intervento.
E questo messaggio l’Arcivescovo l’ha ripetuto, più e più volte, durante gli svariati incontri della mattinata.
Dal porto, il Cardinale Sepe, accompagnato dal nostro Vescovo e dai sindaci di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio, si è spostato al Capricho a Casamicciola, dove ha sede il centro operativo dell’unità di crisi e dove ha avuto un incontro privato con il commissario delegato per l’emergenza terremoto, l’architetto Giuseppe Grimaldi, con le Autorità civili e militari e con i responsabili dei volontari, tra cui i rappresentanti dei 120 giovani che hanno lavorato con la Caritas diocesana: “La vostra testimonianza vale più di mille prediche” ha affermato sua Eminenza ringraziandoli.
Poco dopo, al Calise, l’abbraccio con la bella famiglia di Lina Balestrieri, compreso il nipotino di pochi mesi, e il racconto, tante volte ripetuto ma non per questo meno accorato, fatto da Antonio, il marito di Lina. C’è un’urgenza di particolari, in questo racconto, l’elenco delle varie “casualità” che hanno portato questa donna a essere lì, proprio in quel momento: il “quel giorno non dovevamo andare lì”; la ricerca infruttuosa del parcheggio e la decisione di fermarsi proprio davanti alla chiesa; Lina che scende per chiedere a due giovani che sedevano “lì” di spostarsi per permettere loro di posteggiare, salvando così loro la vita. Il Cardinale ha avuto parole di vivo elogio per l’enorme compostezza di questa famiglia, “la dignità e la tranquillità della consapevolezza, pure nel dolore, frutto anche della vostra fede”. Nel dolore profondo hanno saputo dare una testimonianza di estrema sensibilità, anche perché testimoni di una vita parrocchiale e religiosa che li ha fatti amare da tutti.
Quindi, accompagnato dal parroco don Luigi Ballirano che ne ha illustrato la storia, Sua Eminenza ha effettuato una breve visita alla Basilica di S. Maria Maddalena – nella parrocchia più segnata dal terremoto – ove si trova la tomba del venerabile Giuseppe Morgera, il parroco che tanto si adoperò dopo il sisma del 1883. La chiesa all’esterno sembra integra, ma all’interno rivela i segni manifesti del terremoto nelle crepe sui muri e nei busti caduti, ma soprattutto nella sensazione di gran vuoto per quegli altari spogliati delle opere d’arte, messe al riparo nel palazzo vescovile dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Questa parrocchia contava circa 4000 abitanti, che si sono ora praticamente dimezzati, vuoi per le case lesionate (1500 sono qui gli sfollati), vuoi perché per paura hanno preferito allontanarsi. Forte resta tuttavia il desiderio di ricreare la comunità, come si è sentito dalle richieste della gente: “Vogliamo continuare a vivere e a lavorare qua, dove siamo nati e cresciuti, non ci abbandonate!”. Ma anche: “tra pochi giorni è la Madonna dell’Addolorata, fatela tornare qui in mezzo a noi, anche per pochi giorni, perché è la nostra Madre, che ci protegge e ci aiuta!”
Il Cardinale ha voluto poi visitare le zone di piazza Majo e del Fango, indossando come tutti l’elmetto, per quel pericolo palpabile che si vedeva chiaro nei muri sbrecciati e dissestati e nell’intonaco strappato o anche solo percorso da una sottile rete di crepe. Tra le macerie, sono invece gli oggetti “normali” ma fuori posto quelli che forse fanno più impressione: una finestra divelta, che non si sa più a quale casa appartenesse, una lampada esterna (chissà chi l’ha montata, arrampicato su una scala perché fosse abbastanza in alto per far luce…), i vasi rotti nella vetrina di Keramos, di cui è chiara ancora la bellezza, alcuni attaccapanni buttati a terra, una catena con lucchetto a un’imposta semiaperta.
Davanti alla casa da cui sono stati estratti i tre bambini, il comandante dei Vigili del Fuoco ha raccontato a voce bassa le operazioni di salvataggio: “chi si trova sotto chiede di essere sottratto al più presto da quello stato, perciò bisogna cercare di renderlo cooperativo. Uno s’immedesima in quella situazione, però deve restare freddo e lucido. Le esperienze fatte in altre catastrofi, unite a un serio addestramento, ci sono state di grande aiuto”.
Il Cardinale Sepe ha avuto bellissime parole per i Vigili del Fuoco “Un esempio straordinario di profonda umanità e una grandissima professionalità ”.
E che i Vigili del Fuoco siano qui particolarmente amati lo si è visto da quel gruppo di ragazzini che lungo la strada ha accolto sua Eminenza cantandogli in modo improvvisato l’inno del Corpo, il cui ritornello è: “Il pompiere paura non ne ha!”
D’altra parte, come ha sottolineato il Sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale: “per la prima volta, nella purtroppo lunga storia di disastri ed emergenze in Italia, non è stata sollevata nessuna polemica ai soccorsi, anzi, i soccorritori sono stati lodati da tutti per tempestività, coordinamento e sensibilità”.
Una veloce visita alla Chiesa di S. Giuseppe in Lacco Ameno, poi al Convento dei Padri Passionisti dove sono ospitati una cinquantina di sfollati, che si sono stretti con riconoscenza e speranza a Sua Eminenza. Il Cardinale è quindi ripartito, sottolineando come sia necessario “evitare gli estremismi – tra chi dice che non è successo niente e chi dice che è tutto distrutto – affinché Ischia sia attrattiva come prima del terremoto (e anche un po’ di più) con la collaborazione, però, di tutti a cominciare dalle istituzioni: i sindaci che ho sentito hanno delle idee molto chiare e molto concrete. Anche noi come Chiesa vogliamo fare la nostra parte e abbiamo messo a disposizione le Caritas, che stanno tuttora lavorando”.
Foto di Andrea Di Massa