Carissimi fratelli e sorelle,
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,11-12).
Queste parole del Prologo di Giovanni già ascoltato nella Messa del giorno a Natale, e un tempo proclamato ogni giorno dal presbitero a conclusione della Messa, risuonano anche questa mattina in questa liturgia del settimo giorno dell’ottava. Le accogliamo come un dono e da esse, seppur brevemente, vogliamo lasciarci illuminare perché siano nutrimento per la nostra preghiera in questa celebrazione di rendimento di grazie che, come Chiesa di Ischia, qui riunita nel nome del Signore, vogliamo elevare in questo ultimo giorno dell’anno civile.
Venne fra i suoi… Innanzitutto vogliamo ringraziare il Signore. Il cristiano, e ancora di più il presbitero, è l’uomo della benedizione! Ogni giorno la Chiesa attraverso la preghiera liturgica c’invita ringraziare il Signore e così ci educa. Anche questa mattina vogliamo rendergli grazie. Vogliamo innanzitutto ringraziarlo per la Sua venuta tra noi. Natale è la festa in cui celebriamo l’iniziativa di Dio verso la nostra povera umanità. «Il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10)» (EG 24). Natale è la festa di Dio che fa il primo passo. E che passo! Un lungo passo che lo porta a farsi uomo come noi, a farsi piccolo per condividere.
Papa Francesco parla del Natale come della festa di Dio che viene a «farsi piccolo quasi riducendosi ai minimi termini» e, citando san Macario, monaco del IV secolo e discepolo di sant’Antonio abate, aggiunge «Udite attentamente: l’infinito, inaccessibile e increato Dio per la sua immensa e ineffabile bontà ha preso un corpo e vorrei dire si è infinitamente diminuito dalla sua gloria».
«Dio avrebbe potuto venire vestito di gloria, di splendore, di luce, di potenza, a farci paura, a farci sbarrare gli occhi dalla meraviglia. No, no! – diceva il beato Paolo VI, nel Natale 1971 – È venuto come il più piccolo degli esseri, il più fragile, il più debole. Perché questo? Ma perché nessuno avesse vergogna ad avvicinarlo, perché nessuno avesse timore, perché tutti lo potessero proprio avere vicino, andargli vicino, non avere più nessuna distanza fra noi e Lui. C’è stato da parte di Dio uno sforzo di inabissarsi, di sprofondarsi dentro di noi, perché ciascuno, dico ciascuno di voi, possa dargli del tu, possa avere confidenza, possa avvicinarlo, possa sentirsi da Lui pensato, da Lui amato … da Lui amato: guardate che questa è una grande parola!». E aggiungeva: «Se voi capite questo, se voi ricordate questo che vi sto dicendo, voi avete capito tutto il Cristianesimo».
Natale è dunque la festa della visita di Dio. Siamo chiamati a dire grazie al Signore per la sua venuta, per le tante visite fatte ad ognuno di noi e per le visite fatte alla nostra Chiesa di Ischia. Anche quest’anno Dio ci ha visitato. Benedetto il Signore Dio d’Israele e dell’universo perché ha visitato e redento il suo popolo…
Per le sue tante visite vogliamo ringraziarlo. In modo particolare vogliamo farlo per la grazia dell’Anno della Misericordia appena concluso. Per tanti qui ad Ischia ma anche in ogni parte del mondo è stata un’occasione speciale per sperimentare la misericordia di Dio. Penso in particolare al dono dell’indulgenza plenaria ma anche ai pellegrinaggi a Roma e a questa Chiesa Cattedrale, alle quattordici catechesi giubilari e all’esperienza in questa chiesa dell’adorazione eucaristica.
Penso alle opere-segno che la nostra Chiesa ha promosso, a quelle già avviate quali il Centro Papa Francesco e la Casa don Oreste Benzi della Papa Giovanni XXIII a Panza e a quelle, pure suscitate dal Giubileo, che però sono ancora in fase di attivazione.
Venne fra i suoi! Sì, il Signore anche quest’anno è venuto tra noi e tante volte…
Un dono particolare del Signore è stato per la nostra Chiesa anche la Missione diocesana animata dai frati minori di Assisi dal 4 al 13 novembre di quest’anno. Il Signore attraverso la presenza di tanti missionari, religiosi e laici, ha permesso che la nostra Isola ricevesse una nuova seminagione del Vangelo e tanti hanno potuto sperimentare che Gesù Cristo è la vera bella notizia che il mondo attende di ricevere, il volto della Misericordia del Padre che va in cerca dell’uomo smarrito e stanco per ammetterlo alla comunione con Lui. Dalla Missione è nata un’esperienza di evangelizzazione che sta coinvolgendo diversi ischitani, e concretamente un discreto gruppo di giovanissimi, giovani e adulti della nostra Chiesa. Il Signore porti a compimento l’opera iniziata in loro.
Un altro motivo per il quale siamo chiamati a rendere grazie al Signore è la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Laetitia di Papa Francesco del 19 marzo scorso: un vero dono ed una grande opportunità per tutta la Chiesa, non solo per una rinnovata pastorale della famiglia ma per una conversione di tutta la nostra pastorale. Il Papa con quel Documento chiama tutta la Chiesa ad un cambio di sguardo e ci spinge a cercare sempre nuove vie perché a tutti sia data la possibilità di sperimentare l’amore premuroso di Dio che mai abbandona i suoi figli e non si ferma neppure dinanzi ai loro peccati.
Chiediamo al Signore per noi e per tutta la Chiesa la grazia di accogliere il Magistero del Papa con umiltà e docilità e, perciò, in maniera mai superficiale e pregiudiziale.
Un dono tutto speciale alla nostra Chiesa è stata anche l’ordinazione presbiterale del carissimo don Carlo Mazzella. Il Signore Gesù ha fatto di lui un segno sacramentale della Sua presenza. Attraverso i gesti e le parole di don Carlo Dio nel Suo Figlio sta venendo ed operando per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. Dio porti a compimento l’opera iniziata in lui.
Anche nei nostri seminaristi Antonio e Marco che in questa Eucarestia saranno istituiti rispettivamente lettore e accolito, siamo chiamati a riconoscere un dono che Dio fa a tutta la nostra Chiesa. Innanzitutto un dono di speranza, perché con questa celebrazione essi avanzano verso l’ordinazione presbiterale, ma anche perché con essa la nostra Chiesa è invitata a prendere maggiore coscienza di essere una Chiesa tutta ministeriale.
Ma la celebrazione di fine anno che viviamo insieme vuol essere anche un’occasione per una verifica e un esame di coscienza che siamo chiamati a fare sia a livello personale che ecclesiale.
Vogliamo allora domandarci: come è andato quest’anno 2016?
Dice l’evangelista: i suoi non lo hanno accolto. E noi – ci chiediamo – abbiamo accolto il Signore? In questo anno abbiamo fatto tesoro dei tanti doni che il Signore andava facendoci oppure abbiamo permesso che quei doni ci scivolassero addosso?
Papa Francesco nel discorso alla Curia romana il 22 dicembre scorso facendo riferimento all’antico adagio presente nel metodo ignaziano degli Esercizi Spirituali, diceva: «deformata reformare, reformata conformare, conformata confirmare e confirmata transformare». È iniziato in noi quel dinamismo? E in che misura quest’anno abbiamo notato una progressione? Siamo stati docili all’azione della grazia oppure vi abbiamo opposto resistenze?
Anche come presbiterio e come Chiesa diocesana siamo invitati a porci qualche domanda: il Giubileo della Misericordia ha lasciato un segno nelle nostre comunità? Abbiamo fatto tutta la nostra parte perché l’Anno santo fosse un’esperienza fruttuosa per la nostra gente? E la Missione diocesana ci ha visti veramente coinvolti nel preparare le strade, come il Battista, al Signore che veniva?
E ancora: in quest’anno è cresciuto, in particolare tra noi ministri ordinati, diaconi, presbiteri e vescovo, la logica del servizio e della comunione? I fatti dolorosi che hanno segnato la vita del nostro presbiterio stanno favorendo al nostro interno una più forte esigenza di avanzare in un cammino di conversione permanente e la necessità di una maggiore umiltà nella consapevolezza – speriamo accresciuta – che, come dice l’Apostolo, chi crede di stare in piedi deve cercare di non cadere (cfr 1Cor 10,12)?
Nel succitato discorso alla Curia Romana il Papa parla di «resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero», di «resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del ‘gattopardismo’ spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima», ma aggiunge che vi sono anche «resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di agnelli”)».
Le parole del Papa ci ricordano quelle di Stefano negli Atti degli Apostoli: «O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi» (7, 51). Ma ancor prima quelle di Gesù: «Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto» (Mt 11, 16-17).
Quando le resistenze diventano stile della nostra vita allora rischiamo di diventare anche noi quegli anticristi di cui oggi ci parla la prima lettura (cfr 1Gv 2, 18-21).
Dice ancora il Prologo: A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio.
Qual è il compito della Chiesa? Quello di essere madre! La missione della Chiesa è generare e far crescere figli di Dio! Permettere a coloro che lo desiderano di ricevere una nuova natura, quella divina che fa dei cristiani delle persone celesti, capaci di vivere una vita nuova. Perché tale opera, o meglio nascita si possa realizzare si chiede che la Chiesa si renda disponibile all’annuncio del Vangelo. Dobbiamo rimetterci ad evangelizzare. Quando la Chiesa fa questo essa realizza la sua missione di madre e sperimenta la stessa fecondità di Maria.
La riflessione avviata nella nostra Chiesa per offrire ai giovani che chiedono il sacramento della Confermazione un vero e proprio itinerario catecumenale, di certo costituisce un’occasione preziosa per rimettere al centro della vita delle nostre comunità la necessità di feconda proposta cristiana. Ma l’annuncio del vangelo – non ci illudiamo – richiede che ci siano uomini rinnovati; che si realizzi una conversione personale in tutti noi nella consapevolezza che, come dice il papa, anche «una sola persona può portare tanto bene a tutto il corpo o potrebbe danneggiarlo e farlo ammalare». Non basta perciò «una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente. Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano».
Cosa dobbiamo chiedere allora al Signore per il tempo che ancora vorrà donarci? Dobbiamo chiedere innanzitutto il dono di una incondizionata obbedienza… per abbandonarci alla sicura guida dello Spirito Santo, confidando nel Suo necessario sostegno. E, per questo, dobbiamo domandare per la nostra Chiesa grazia di preghiera, preghiera e tanta preghiera.
Carissimi Antonio e Marco, fra poco sarete istituiti rispettivamente lettore ed accolito. Il pane della Parola e dell’Eucarestia, cibo prezioso che alimenta la vita di Dio, vi viene messo nelle mani. Nel vedervi avanzare verso l’ordinazione presbiterale il vescovo, e con lui tutto il presbiterio, gioisce. Gioisce e prega! Prega e domanda non soltanto che il Signore dia alla Chiesa di Ischia nuovi presbiteri ma presbiteri nuovi. Non altri preti, ma preti “altri”. Con l’aiuto di Maria! Per il bene vostro e nostro e di tutta la Sua santa Chiesa. Amen.