Il 17 dicembre scorso, una piccola rappresentanza dell’Ordine Francescano Secolare di Forio, insieme ad altri rappresentanti di altre fraternità della provincia francescana di Napoli ha aderito al progetto “Mani tese verso il mondo”, un progetto che ha come finalità la visita ai carcerati in diversi istituti penitenziali
Ordine francescano secolare di Forio
Tra le tante opzioni il nostro Ofs ha preferito far visita ai giovani che sono accolti, è il caso di dire, nel carcere di Nisida. Dal centro Ofs Campania ci era stato chiesto di portare prodotti per l’igiene personale, noi abbaiamo preferito fare una raccolta in denaro che abbiamo donato al cappellano per le necessità dei ragazzi reclusi, poiché il trasporto di prodotti per noi isolani sarebbe stato più complicato. C’è stata una donazione davvero generosa da parte dei fedeli che frequentano la nostra chiesa francescana ai quali va tutta la nostra gratitudine e un ringraziamento va soprattutto a fra Nunzio che ha annunciato quest’iniziativa dall’altare, aprendo i cuori dei presenti.
È stata un’esperienza che vale la pena condividere con i lettori di Kaire.
Il punto d’incontro con le altre fraternità, quelle di Casoria, Napoli, Capodichino, Cercola, Afragola, Orta di Atella, era per le 16,30 fuori il cancello del carcere. Arrivati ai piedi dell’isolotto, dove c’era anche la sede della Nato e dell’Aereonautica, abbiamo atteso che arrivassero tutti. Dopo esserci presentati a vicenda siamo saliti con le auto verso l’Istituto, oltrepassando il cancello che già era aperto. Nel salire su una strada fatta con sanpietrini, molto suggestiva, si poteva già notare la bellezza mozzafiato del luogo. Tutto sembrava tranne che un luogo dove sono reclusi alcuni giovani. Dopo aver fatto un tragitto lungo più di un chilometro tra varie curve, siamo giunti in un parcheggio. Posate le nostre borse nel portabagagli, come suggerito dai responsabili, prese le buste con i prodotti da donare, ci siamo inoltrati verso un cancello enorme tutto intero. Siamo poi entrati nell’ufficio per i controlli di rito. Nel frattempo era giunto il cappellano, il giovane don Fabio De Luca. Ci ha portati direttamente in cappella per partecipare alla santa messa con alcuni giovani detenuti. Durante questo tragitto abbiamo potuto notare i vari campi di basket e pallavolo, sia per ragazzi che per ragazze, c’era più di un padiglione che affacciava sulla stradina con finestre sbarrate, sembravano dei residence, tutto ben mantenuto. Ad un certo punto si sentiva forte nell’aria un gradevole profumo di dolci. Una volta entrati nella piccola cappella sulla sinistra c’era il presepe e dietro l’altare c’era un enorme crocifisso di san Damiano, la croce che ha parlato a san Francesco d’Assisi. In attesa che arrivassero i ragazzi don Fabio ci ha raccontato brevemente come funzionava questo carcere: accoglie al momento 57 detenuti, di cui 5 sono ragazze, le due realtà, maschile e femminile, sono separate. Si uniscono solo per partecipare alla messa domenicale e quando fanno scuola stesso lì la mattina, con l’ausilio di docenti volontari dell’Istituto Alberghiero che si trova nella zona. Sono obbligati a frequentare la scuola fino a 16 anni, dopo possono continuare per il diploma se possono avere la libertà vigilata. Alcuni di loro partecipano al laboratorio di ceramica, altri a quello di pasticceria. Ecco spiegato il perché di quel soave odore di dolci. Infatti, prima della messa, uno di questi novelli pasticceri vestito da chef ci ha raccontato che aveva appena finito di fare gli ultimi 30 panettoni del periodo natalizio, panettoni già prenotati e venduti ad alcune Onlus. Dopo questa bella testimonianza incominciavano ad arrivare alcuni ragazzi per partecipare alla messa. Lì l’ospite più piccolo aveva 14 anni, il più grande 25. A vederli seduti in prima fila, vestiti come i nostri figli, alla moda, con capelli ben curati e un viso così semplice e “innocente” penso che abbiamo fatto tutti noi fatica a credere che questi ragazzi per stare lì abbiano potuto commettere dei gravi reati. Non si può rimanere indifferenti difronte a questa realtà, non è giusto, l’età più bella della vita non deve andare sciupata così. Chi non conosce le loro storie è tentato a dire che sono la feccia dell’umanità, che meritano la detenzione. Per ogni giovane recluso in carcere la società ha fallito, le istituzioni hanno fallito, la politica ha fallito, il Vangelo non è stato proclamato e vissuto. Quanta tristezza. Proprio don Fabio in un’intervista a TV2000 per la trasmissione sul “Padre nostro” così ha risposto a chi gli dice chi glielo fa fare: «Se tu fossi nato lì, se tu avessi avuto dei genitori che avessero fatto le stesse cose che fanno buona parte dei genitori di quei ragazzi e avessi visto solo violenza e fossi cresciuto in strada, staresti qui a pormi questa domanda o forse in galera?… Molti restano in silenzio». Quel giorno era stata una bella giornata di sole dopo giorni di tempesta, don Fabio con spirito francescano aveva fatto notare come anche la bellezza del sole che splende è dono di Dio, tutto è dono, niente è scontato o ci è dovuto, non tutti abbiamo l’animo ben disposto a percepire tale grazia e tutte le grazie che il Signore ci offre. Con poche parole ha cercato di spingere tutti i presenti ad accogliere la vita come dono, a non accontentarsi degli eventi passivamente ma ad agire per gustare il bello e il giusto, di essere protagonisti validi della propria storia, come Giovanni Battista. Le preghiere dei fedeli sono state fatte spontaneamente dai ragazzi, alcuni hanno pregato per i loro figli, altri per tutti i carcerati, altri ancora per le guardie carcerarie e per i loro amici, espressione di una bellissima solidarietà e unità. Alla fine della messa molti ragazzi più aperti, c’erano anche quelli timidi e riservati, ci hanno abbracciato come per ringraziarci della nostra presenza, altri sono scappati per andare nelle loro celle. Quelli rimasti avevano avuto il permesso speciale di stare un po’ con noi fuori nel cortile. Con noi c’era anche fra Michele del convento di sant’Antonio di Afragola che era riuscito molto bene ad aprire un dialogo con alcuni di loro, quante storie, quante realtà che si incrociano, quanta voglia di voler dare loro la speranza. Un ragazzo di Scampia ha detto di essere padre di due bambini e non ha nascosto che preferisce stare lì in quel carcere che ritornare nella sua terra, dove non c’è lavoro e dove c’è un forte degrado. Un altro invece, in contrapposizione, vuole ritornare tra gli affetti della sua famiglia nonostante tutto. A chi dar ragione? Nessuno può indossare i panni di un altro, bisogna viverle certe situazioni.
Quando è stato tempo di andare via abbiamo salutato questi ragazzi come degli amici che partono con la speranza di rivedersi al più presto, ma in fondo al cuore sapevamo che non sarebbe più successo. Una cosa è certa, da quel momento questi ragazzi, come tutti i giovani del mondo, devono avere la priorità nelle nostre preghiere, il Signore possa bussare con pazienza al loro cuore, farne degli uomini nuovi con l’aiuto di mani tese e cuori oranti. Papa Francesco, illuminato come sempre dallo Spirito Santo, sta programmando il prossimo Sinodo sui giovani perché avverte forte la necessità di venire incontro ai nuovi lebbrosi di oggi che sono proprio i nostri ragazzi con tutte le loro problematiche e fragilità, a causa di un mondo affarista che li ha messi ai margini.