di don Carlo Candido per KAIRE
Carissimi amici, è con gioia che celebriamo in questi giorni il ricordo della visita di S. Giovanni Paolo II all’isola di Ischia. L’immagine del nostro popolo in festa in quella giornata in cui il sole vinse le nuvole, rimarrà indelebile nel cuore di tutti.
Quattordici anni fa, in queste ore, vivevamo l’attesa della Visita Pastorale del Santo Padre alla Chiesa di Ischia. Erano ore di apprensione, affinché tutto andasse bene, ma anche ore cariche di emozione e di serenità, nella consapevolezza che la grazia che ci veniva donata avrebbe sicuramente portato buoni frutti.
A 14 anni di distanza dalla visita del Papa, i nostri sentimenti possono dirsi immutati; conserviamo le stesse emozioni e anche, oserei dire, gli stessi timori di quei giorni.
Infatti se le ansie di allora scaturivano dal desiderio che tutto andasse per il meglio nell’accoglienza del Santo Padre, oggi quelle stesse apprensioni nascono da queste domande: come il 5 maggio 2002 può oggi essere rivissuto nella sua attualità? Quali frutti ha saputo far crescere nei nostri cuori e soprattutto nei nostri cammini spirituali?
Per rispondere ad esse torniamo alle parole magisteriali pronunciate dal Papa nell’omelia della Celebrazione Eucaristica nel piazzale Aragonese e nel discorso ai giovani al piazzale del soccorso a Forio.
Parole di profondo significato di fede e di grazia come quando invitava la Chiesa di Ischia a non temere: “Chiesa che vivi in Ischia: sii docile e obbediente alla Parola di Dio e sarai laboratorio di pace e di autentico amore. Diventerai Chiesa sempre più accogliente, dove tutti si sentono a casa. Coloro che vengono a visitarti ripartiranno rinfrancati nel corpo, ma ancor più rinvigoriti nello spirito.
Sotto la guida illuminata e prudente del tuo Pastore, sii una comunità che sa “ascoltare”, una terra pronta ad “accogliere”, una famiglia che si sforza di “amare” tutti in Cristo”.
Il Papa venne per confermarci nella fede!
E ancora ai giovani nell’incantevole scenario del Soccorso, al calar del sole. Le parole forti ed appassionate di quel giovane-vecchio uomo di Dio: “Giovani di Ischia, siate raggi della luce di Cristo. E’ Lui la “luce del mondo” (Gv 8, 12)! Propagate questa luce in ogni ambiente, specialmente là dove Gesù non è conosciuto e amato o è addirittura rifiutato. Con la vostra vita fate capire che la luce proveniente dall’Alto non distrugge l’umano; al contrario, lo esalta, come il sole che con il suo fulgore mette in rilievo le forme e i colori. Dio non è il concorrente dell’uomo, ma l’amico vero, il suo più fedele alleato”.
Al termine, mentre la papamobile lasciava il piazzale, sul volto di tanti ragazzi e sul mio, c’erano lacrime di commozione, nel cuore di tutti un’invocazione: ”Mane nobiscum Domine”. Resterai per sempre in mezzo a noi!
Ecco il frutto più autentico della Visita Pastorale di S. Giovanni Paolo II: sentirci confermati e rinnovati nella fede, per lasciarci ogni giorno guidare dalla Parola di Dio.
La risposta è Gesù Cristo stesso, Via, Verità e Vita, e il Papa santo venne proprio per indicarci questa risposta.
Per questo la Visita del Successore di Pietro non dovrà mai essere solo un ricordo, ma ogni giorno dovrà rinnovarci nei nostri cammini di fede, nella carità, nelle nostre scelte di speranza.
E’ un dono che abbiamo ricevuto, una grazia che deve crescere ogni giorno con la nostra disponibilità e le nostre scelte di fede.
Mi piace allora ricordare le parole del Santo Padre, pronunciate al termine della Sua omelia nel piazzale Aragonese: “Chiesa che vivi in Ischia! Il soffio dello Spirito di Cristo ti spinge verso gli orizzonti sconfinati della santità. Non temere, ma con fiducia prendi il largo! Avanza fiduciosa. Sempre! Amen“.
E poi, “Ti affido alla Vergine Maria, Madre del Bell’Amore, perché ti aiuti a far risplendere la tua identità di Chiesa di Cristo, di Chiesa dell’Amore.
Ti siano di esempio e di aiuto i santi Patroni, nei quali si è resa concreta in modo visibile e credibile la divina carità“.
Oggi chiediamoci come abbiamo vissuto questa esortazione così appassionata e bella! Giovanni Paolo II è stato un grande cristiano, ci ha esortato fin dall’inizio a non avere paura, ma ad affidarci a Cristo.
Noi siamo pieni di paure perché pieni di noi stessi, uomini e donne che faticano a vivere per il Signore e per gli altri, pronti a giudicare, convinti di poter impartire lezioni di cristianesimo. Ascoltiamo poco perché ascoltiamo noi stessi, ci coalizziamo talvolta non per il bene comune, ma per il bene che noi crediamo tale. Giovanni Paolo II fu un uomo di fede, e per questo fu uomo “nel” mondo, perché l’uomo di fede non rimane mai chiuso nell’orizzonte della sua quotidianità e del suo particolare. La Sua vita è stata incontro, relazione, accoglienza, ma anche vita fondata nella preghiera. La sua preghiera era cosmica, ma insieme umana e personale, come egli stesso ebbe a dire: “Io pregherò per tutto il mondo…Il papa deve avere una geografia universale… Dapprima è necessario entrare nel mistero e si tratta di vivere e di allargare questo mistero alla Chiesa intera. Io vivo sempre in questa dimensione, spostandomi idealmente lungo il globo. Ogni giorno c’è una geografia spirituale che percorro. La mia spiritualità è un po’ geografica.”
I suoi viaggi sono la testimonianza di un desiderio profondo di incontrare, capire, comunicare la forza e la gioia del Vangelo di Gesù Risorto. E’ l’energia spirituale della missione della Chiesa, di una Parola che fa nascere e crescere la comunità cristiana, come ci ricorda Papa Francesco nella esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”. Giovanni Paolo, possedeva la forza dell’uomo di fede, libero da se stesso, dall’inutile e infantile difesa del proprio io, libero per Gesù, al servizio degli altri. Davvero la sua gloria era solo la gloria di Dio.
Credere in Gesù significa riconoscere in Lui il Salvatore, a cui possiamo dire dal profondo del cuore: “Tu sei la mia, la nostra speranza”. Dobbiamo tornare a sperare. Ma la speranza è al centro delle tre virtù teologali: fede, speranza, carità. Non si potrà essere donne e uomini di speranza se non saremo radicati nel Signore e se non vivremo la carità. Il centro di prima accoglienza “Giovanni Paolo II”, e tante altre attività realizzati nella diocesi facciano nascere in noi un’attenzione più quotidiana ai bisognosi, che siamo chiamati a scoprire di nuovo intorno a noi. Questi segni di carità aiutino ciascuno a vivere con un cuore largo, pronto a capire e a rispondere alle domande degli altri. L’eredità di San Giovanni Paolo II rimanga viva in noi e ci radichi sempre più nella via della santità, come egli ha chiesto a tutta la diocesi isclana.