Pietro Lagnese – Vescovo di Ischia per Kaire
Invitato dalla Comunità di Sant’Egidio a partecipare a quell’evento ho fatto tutto il possibile per essere, martedì 20 settembre, ad Assisi e, con qualche piccolo cambio di programma, sono riuscito praticamente a raggiungere la destinazione in contemporanea con l’arrivo del Papa! La cosa è stata possibile anche grazie all’ottima accoglienza della Comunità fondata da Andrea Riccardi, la quale, con un’attenzione tutta speciale, mi ha introdotto ai diversi momenti e accompagnato nei vari spostamenti della giornata. Con i fratelli della Sant’Egidio ho un’amicizia di vecchia data! Da quando nei primi anni del terzo millennio – allora ero parroco di Santa Maria dell’Agnena – con l’aiuto di tanti demmo vita a Vitulazio alla Casa della Carità “Madre Teresa di Calcutta”, una struttura di pronta accoglienza per i più poveri tra i poveri. Spesso mi raggiungevano per chiedermi di accogliere dei poveri che via via conoscevano nelle loro visite quotidiane alla stazione centrale di Napoli o per le strade di quella città. Ciò che sempre mi colpiva degli amici della Comunità era la loro attenzione ad ogni singolo povero e la cura che mettevano non solo nel dare risposta alle loro esigenze più concrete ma il loro desiderio di stabilire con essi un vero e proprio rapporto di amicizia.
Sono grato a loro per l’invito, ma soprattutto per l’impegno in favore della Pace che da tanti anni svolgono, insieme a quello per la preghiera e per i poveri! Il Papa circa due anni fa, incontrandoli a Roma in S. Maria in Trastevere, li ha definiti i cristiani delle “tre pi”: Pace, Preghiera e Poveri.
Ad organizzare l’evento, dal titolo “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”, insieme alla diocesi e alle famiglie francescane di Assisi, è stata proprio la Comunità Sant’Egidio! Per tre giorni, dal 18 al 20 settembre, in una cornice davvero unica qual è la terra del santo frate Francesco, i tanti partecipanti all’incontro, insieme ai circa cinquecento delegati, in rappresentanza di tutte le religioni del mondo, hanno pregato, ognuno secondo la propria fede, in vari luoghi della città; insieme hanno esercitato un fecondo dialogo intorno al bene sommo della Pace, costruendo o consolidando tra loro vincoli di sincera amicizia.
È un appuntamento che si rinnova ogni anno, ogni volta in una città diversa, da quando per volontà di San Giovanni Paolo II, ad Assisi, trent’anni fa, si riunirono le delegazioni di tutte le religioni del mondo per pregare per la Pace. Era il 27 ottobre 1986: un giorno memorabile, un evento dalla portata storica, un fatto senza precedenti. Il papa santo lo volle fortemente e, per realizzarlo, dovette superare la giustificabile preoccupazione di chi, intravedendo nell’iniziativa il rischio di una confusione e di una lettura sincretistica delle fedi, peraltro promossa proprio dal successore di Pietro, si oppose più o meno dichiaratamente. Per la prima volta, uomini e donne di diverse tradizioni religiose, pregavano insieme, gli uni accanto agli altri. Nacque quel giorno lo “spirito di Assisi”. Uno spirito che la Città, i frati e la Sant’Egidio, hanno saputo custodire e promuovere. E così quello spirito si è reso manifesto anche quest’anno. “Oggi – ha detto papa Francesco nel discorso a conclusione dell’Incontro – non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri”. E ha aggiunto: “Continuando il cammino iniziato trent’anni fa ad Assisi, dove è viva la memoria di quell’uomo di Dio e di pace che fu San Francesco (…) oggi abbiamo implorato il santo dono della pace. Abbiamo pregato perché le coscienze si mobilitino a difendere la sacralità della vita umana, a promuovere la pace tra i popoli e a custodire il creato, nostra casa comune”.
Anche io ho voluto esserci e per questo, grato, ho accolto l’invito! Ho voluto esserci per fare memoria di quel gesto coraggioso e profetico, compiuto trent’anni prima da Giovanni Paolo II, perché viva rimanga nel cuore di tanti quella sua intuizione profetica di pregare insieme per la pace.
Ho voluto esserci per sostenere, in qualità di membro del collegio apostolico, il Vescovo di Roma, Papa Francesco, che non manca ogni giorno di far udire forte la sua voce in un accorato appello per la pace e la fine di una terribile “terza guerra mondiale a pezzi” che continua a mietere migliaia di vittime, soprattutto tra i più poveri del mondo.
Ho voluto esserci perché mai come in questo tempo va detto con forza che le religioni non hanno nulla a che vedere con la guerra, che uccidere in nome di Dio è satanico e che, come con forza ha detto papa Francesco, “mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!”.
Ho voluto esserci perché la pace come sempre ci ripete il santo padre è opera artigianale e ognuno deve portare i suoi mattoni per costruirla. E perciò anche io ho voluto mettere il mio sapendo di dover continuare ogni giorno a farlo nella mia realtà.
Ho voluto esserci perché la morte di tanti, di molti, caduti anche in quest’ultimo tempo a causa dell’idiozia della guerra, non sia resa vana!
Il papa arrivava alle 11,30 in una città dove di certo ingenti sono state le misure di sicurezza e le forze dell’ordine impiegate, ma di fatto in azione con grande competenza e discrezione, permettendo così che il clima, in una Assisi baciata dal sole, fosse innanzitutto quello della festa! E di festa davvero si è trattato. Ad incominciare dal pranzo con papa Francesco e con tutte le delegazioni delle religioni convenute. Seduti al refettorio del Sacro Convento dei frati minori conventali eravamo insieme al papa un’unica grande famiglia. Al mio tavolo uomini e donne di ogni religione; tra questi diversi musulmani sciiti e l’imam di Perugia al quale pare che il santo padre avrebbe comunicato già qualche mese fa il suo desiderio di prendere parte all’Incontro. Prima ancora con grande simpatia si era accostato a me, spontaneamente, l’imam di Trieste, provvedendo a presentarmi rappresentanti di altre tradizioni religiose. Dopo i vari saluti con altri amici e confratelli vescovi, l’arrivo del papa, gli auguri a Bartolomeo I, per i suoi 25 anni di servizio come Patriarca ecumenico di Costantinopoli e poi il pranzo, semplice ma gioioso, servito dai frati. Mentre dialogavo consumando fraternamente il pasto, come se parlassi a me stesso, mi son detto: Isaia, la profezia d’Isaia! Poi è stato per me naturale condividere quel pensiero con qualche presente: «In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».
Poi seguiva il momento di preghiera nella Basilica Inferiore con tutte le confessioni cristiane: bellissime le meditazioni dell’arcivescovo primate di Canterbury, Welby, di Bartolomeo I e di papa Francesco. Tutte di altissimo valore, luminose testimonianze per costruire insieme un cammino di riconciliazione e di unità e, ciò che mi è apparso subito con grande evidenza, tutte in grande sintonia tra loro come se fossero espressione di un’unica Voce!
Infine il momento conclusivo di testimonianze e di saluti; il discorso dei leaders religiosi e tra questi quello del papa, infine l’appello finale! Un’altra bella pagina di storia era stata scritta, tra tante, troppe, decisamente tristi che il mondo sta scrivendo in questo tempo! Una pagina profetica perché intrisa di preghiera con una sola richiesta, uguale per tutti: Pace. Dio ascolterà la nostra preghiera!